Questa breve storia è un riassunto di ricordi e testimonianze raccolte da me ,da parenti e documenti vari in oltre trent’anni. Una tradizione artigiana nella maggior parte legata a Roma ,anche perchè della parte Fiorentina non c’è molto se non la certezza della professione come risulta dai documenti ritrovati ed i ricordi, si parla di oltre 130 anni fa. L’origine del cognome, di indubbia origine francese, è molto lontana nel tempo, si arriva quasi al 1700 se si tiene conto che il padre di Aurelio “senior” si chiamava Pietro ed in nonno Giovanni, due nomi in lingua italiana quindi si evince che il “francese” sceso in Italia è precedente a loro , tenendo conto che alla nascita di Aurelio al Settecento si sono solo 43 anni il conto è presto fatto. Nella Roma artigiana i Mortet si sono distinti nelle loro botteghe fucine di opere d’arte sia nell’arte dell’intaglio che del cesello e l’arte orafa. Ringrazio Giorgio Ratta ,cugino di Marcello Mortet per le foto e le notizie a lui riguardanti, La fondazione Barluzzi per il materiale inerente ad Armando Mortet senior e suo nipote Fabio Costa per i bozzetti dei lavori che presto verranno pubblicati in questo sito, Giampaolo Ciotti per le foto delle fontane di Marcello( in pubblicazione) ,l’amico Pippo Moccaldi per i documenti storici del comune di Firenze, ma soprattutto mio padre Virgilio ed i miei zii Clementina ed Aurelio per i loro racconti.
Armando Mortet
La famiglia MORTET cesellatori e intagliatori in Roma dal 1891
Capostipite fu Aurelio (1843-1927) figlio di Pietro e Verdiana, o meglio “il sor Aurelio” come amavano chiamarlo i figli nelle loro riunioni. Viveva,con la moglie Laura Neri, in via della Porcellana 24, in Firenze, dove era nato, non lontano da Santa Maria Novella per poi trasferirsi in via dei Serragli al 34 . Da ragazzo si innamorò del lavoro dell’intaglio che poi divenne la sua professione dopo aver fatto l’apprendistato.
Il “sor Aurelio”apri una propria bottega in Via Dei Serragli nel Quartiere di San Frediano, dove la famiglia della moglie aveva un Forno. Una bottega in pieno carattere rinascimentale dove venivano eseguiti lavori lignei come intagliatori , si trasferì a Roma a cavallo tra il 1890/91 con moglie ,Laura e 6 figli , per motivi professionali inerenti ai lavori dei grandi edifici che la neocapitale esigeva e la preparazione dei padiglioni della prevista Esposizione Universale del 1911. Si stabilì con la bottega in Via Giovanni Lanza e la famigliain Via Leopardi sempre nel rione Monti. (c’è una data presunta, un documento con l’iscrizione nell’anagrafe di Roma del pen’ultimo dei figli , Dante nato a Firenze il 12 gennaio 1889 ed iscritto nel registro di Roma il 19 settembre del 1891 quindi per logica la data del trasferimento a Roma è antecedente a questa data ma non di molto)
I suoi cinque figli maschi furono tutti avviati verso l’artigianato artistico, Alfredo (1874-1948),Alberto(1880-1959), e Mario (1892-1947) nell’arte dell’intaglio egli altri due Armando (1884-1969) e Dante (1889-1955) verso l’arte del cesello formandosi presso la bottega di Calvi noto scultore cesellatore dell’epoca, amico di Aurelio senior, in Via Sistina la strada degli “Orafi” in quell’epoca, in piena coerenza con la mentalità del periodo che suggeriva l’apprendistato non nelle mura “amiche “paterne. In seguito i due fratelli cesellatori vennero divisi ,Armando continuò nello studio di Calvi mentre Dante frequentò il laboratorio di Spaccarelli altro noto cesellatore dell’epoca. Lo studio non fu trascurato ed i due fratelli oltre l’apprendistato frequentarono l’istituto di Arti Ornamentali di Via San Giacomo ,scuola d’obbligo presso la famiglia Mortet, sotto la guida del Prof. Antonino Calcagnadoro, anch’egli figlio d’arte,noto pittore Reatino. Frequentarono anche l’accademia di Via Ripetta, il tutto li portò ad avere i titoli per intraprendere la carriera di insegnanti, Armando nell’accademia di Palermo e Dante in quella di Napoli, tutto questo a ridosso della prima guerra mondiale
Il ramo degli intagliatori praticamente finì con la II guerra mondiale, il più giovane dei fratelli , Mario , per motivi di salute, che lo portarono ad una scomparsa prematura in quel di Civita Castellana, cessò l’attività. Il lavoro dell’intaglio comunque non era più richiesto come prima, anche se la famiglia aveva un appalto di manutenzione, ovviamente delle decorazioni intagliate, di due ministeri dove aveva lavorato a suo tempo “il sor Aurelio” C’è notizia di una grande Aquila lignea intagliata da Aurelio Seniorche era posta all’ingresso della vevvhia stazione Termini me purtroppo non vi è nessuna documentazione. Anche un nipote, Arnaldo, figlio di Alberto intraprese la professione ma la abbandonò in seguito dedicandosi ad altre attività proprio per la scarsità del lavoro.
Il ramo dei cesellatori invece ha avuto una evoluzione più concreta anche se anch’esso con periodi di difficoltà dovuti in particolare alla grande depressione del 1929, ed è l’oggetto di questa storia.
Cessata la carriera di insegnanti ,durante la grande Guerra,( in questo periodo Dante fu artefice di un episodio molto singolare che potete leggere in storie di bottega), i due fratelli cesellatori Armando e Dante ,nell’immediato dopo guerra (la prima) aprono una bottega/studio in un appartamento al primo piano in Piazza Barberini, siamo in pieno Liberty. Successivamente i due fratelli aprono delle bottega autonome , pur collaborando, Armando apre uno studio in trastevere in Via degli Orti d’Alibert, egli fu anche un’apprezzato poeta romanesco, mentre Dante apre lo studio, corredato anche di una fonderia insiema all’amico fonditore Alberati , in Via delle Sette sale 29 all’Esquilino per poi trasferirsi negli anni 30 in via Equizia. In questo periodo anche un loro nipote, Marcello, figlio di Alberto, intraprende la professione facendo apprendistato presso gli studi degli zii ed in seguito ebbe uno studio in Trastevere. La carriera di Marcello fu caratterizzata da lavori di grande argenteria , tra cui le fontane di Roma come da tradizione di famiglia, fece anche un periodo di lavoro di qualche anno a Genova per l’arredamento della tomba della famiglia Perrone, molto nota nell’editoria e per l’Ansaldo, nel cimitero Genovese di Staglieno. Numerose sono le opere realizzate in questo periodo a cavallo delle due guerre tra cui ricordiamo La spada della Vittoria destinata a Vittorio Emanuele III con l’elsa in oro cesellata da Dante, le lampade custodite nel Pantheon per la tomba della Regina Margherita sempre di Dante, la Porta del Santo Sepolcro a Gerusalemme eseguita da Armando in collaborazione con lo scultore Gaudatelli, e numerose collaborazioni da parte di Dante, specializzatosi nello stile Liberty, con architetti dell’epoca nel campo dell’arredamento tra cui citiamo il negozio della Venchi Unica e gli sbalzi nel bancone della casa del passeggero. Un’altra specialità di Dante era la costruzione delle sfere armillari.
A proposito di Armando ,va sottolineata la sua collaborazione con l’architetto Antonio Barluzzi ,autore di diverse basiliche e santuari in terra santa nel periodo tra il 1912 e gli anni cinquanta. Le colonne dell’altare nella basilica delle Beatitudini (1938) Opere in bronzo per l’arredo della Cappella della Crocefissione Santo Sepolcro (1937), Cancellata d’ingresso della Basilica della Visitazione Ain Karem nella chiesa inferiore (1940) I bronzi decorativi nella chiesa superiore, Porta d’ingresso del Chiostro di San Gerolamo in Betlemme (1948) Oggetti liturgici nel Gloria in Excelsis Beit Sahur (1954) Crocefisso , candelabri e lacrimatoi nel Dominus Flevit in Gerusalemme (1955)
Purtroppo la grande depressione del 1929 condizionò il futuro professionale, in particolare Dante fu costretto a ridimensionare fortemente la sua bottega di Via Equizia, nata con ben altre ambizioni puntando in particolare verso l’arredamento vista l’esperienza positiva nel negozio della Venchi, fino ad arrivare alla chiusura della stessa intorno al 1933/34 .
Comincia così un peregrinare di bottega in bottega che arriva fino a ridosso degli anni 50 ,si passa dal cortile del Palazzo del Drago adiacente a Via quattro fontane, che durò qualche tempo , poi Dante si spostò in una zona dove l’Humus artigiano era più presente, parliamo dei Rione Ponte , Panico e Sant’Eustachio la zona tra Piazza Navona ed il Pantheon in particolare ricca di laboratori di Arte sacra. Altro passaggio fu con una bottega in Piazza san Salvatore in Lauro, adiacente a Via dei Coronari, e nel palazzo della questura in Via dell’Orso 87. Ultimo, e lo cito anche perchè era fino a poco tempo fa un fenomeno normale nel mondo artigiano, cioè quello di “affittare” un posto in un laboratorio attrezzato ,prassi che oggi ancora esiste, personalmente ne conosco due casi, ma sicuramente meno utilizzata anche per le difficoltà burocratiche per ottenere una posizione contributiva e vuoi perchè gli artigiani del settore sono sempre più rari. Dante non fu immune a questa prassi ed all’occorrenza usava lo studio di Giuseppe Pagni, gioielliere con un grande laboratorio in via dei Pianellari, cosa che in seguito fece anche il figlio maggiore Virgilio agli inizi della carriera.
Armando invece conservò il suo studio di via Orti d’Alibert per parecchio tempo ma fu costretto a condividerlo con un altro cesellatore Bortolotto, che fu ai tempi suo allievo ed iniziò una collaborazione permanente con il famoso laboratorio di arte sacra Brandizzi di Via dei Coronari.
La tradizione prosegue con Virgilio(1926-2019), figlio di Dante, che pur essendo stato indirizzato dalla famiglia, per volere della madre Giuseppina, in altra direzione con studi di Perito edile per altro consolidati con l’assunzione nell’impresa Salini, a fine 1947 abbandona l’edilizia, benchè giovanissimo dirigeva i cantieri della ricostruzione delle strade di Viterbo bombardate nella 2a guerra mondiale. Riprende così il lavoro a fianco del padre con cui aveva comunque fatto l’apprendistato, collaborando anche molto spesso con lo zio Armando, alternando studio e lavoro. A proposito della collaborazione di Virgilio presso lo zio, è da ricordare che Armando “usava” il nipote ,oltre che per il lavoro, anche come postino portando copie clandestine dell’Avanti e dell’Unità dallo studio nei quartieri limitrofi durante la seconda guerra mondiale. Con scomparsa del genitore, da tempo malato, nel 1955, dopo un periodo di lavoro con il ” banchetto in affitto”, come raccontavo nel paragrafo precedente, presso la gioielleria Bertini in Via Colonna Antonina ed il laboratorio di Giuseppe Pagni, Virgilio decide creare una bottega propria ed apre l’attuale studio di Via dei Portoghesi tra il 1958/59 prendendo un locale che si era liberato nel cortile del palazzo (era un magazzino del partito Monarchico n.d.r. gestito da un suo conoscente Florindo Piparo), la ditta Virgilio Mortet che fu poi regolarizzata nel dicembre 1960. Virgilio venne raggiunto nell’immediato futuro dal fratello Aurelio (1934-2024), che aveva collaborato con il padre da giovanissimo, finchè la salute di Dante lo aveva permesso, aveva completato gli studi artistici presso l’istituto di arti ornamentali ed effettuato un periodo di apprendistato e di lavoro presso due prestigiosi laboratori di arte sacra romani Leclerc e Del Vecchio, da ricordare la sua esperienza presso la SAICA ,società dell’Architetto Petrucci ,cliente di Virgilio,specializzata in allestimento mostre , dove fu assunto per il suo talento di disegnatore.
La bottega prende come insegna “Fratelli Mortet” ed in quel periodo, parliamo degli anni sessanta, ha fatto la storia dell’artigianato Romano con attestati e riconoscimenti.
Si continua nella tradizione realizzando pregevoli opere d’arte, tra cui la Penna d’oro con cui firmò la sua prima enciclica Giovanni XXIII fatta da Virgilio, la croce pettorale di Paolo VI tanto per citare due lavori importanti in quell’epoca ma l’elenco è molto più lungo. Numerosi sono gli allievi e i collaboratori che frequentano la “Bottega” dei Fratelli Mortet, allievi provenienti dal Giappone dagli Stati Uniti dalla Grecia dalla Cina, e per i collaboratori merita una menzione speciale Angelo Lazzarini, “Angelino” divenuto in seguito uno dei massimi collaboratori di Giacomo Manzù, un’altra per Gianni Giannotti validissimo collaboratore per oltre un trentennio, scomparso nel 1996 ed infine per Toshie Usui, Giapponese, che ha collaborato moltissimi anni nella bottega romana. Alla fine degli anni sessanta si inseriscono nella bottega Armando (1955), figlio di Virgilio e Paolo (1955) il nipote, figlio della sorella Clementina che iniziano l’apprendistato al termine delle scuole dell’obbligo alternando lavoro e studio presso l’istituto di Arti Ornamentali . Alla fine degli anni settanta (1978) Virgilio prosegue la sua attività anche nella sua casa/ studio di Oriolo Romano dove gli si affianca la figlia Laura (1962). Egli si afferma anche come artista assoluto con esposizioni in Giappone, in Francia ed in Cina e con opere esposte in importanti Musei tra cui citiamo il Museo della Zecca, il medagliere Vaticano, il museo di Casamari. Aurelio intraprende nel 1981 anche la carriera di insegnante di cesello e modellazione in cera presso la prestigiosa scuola dell’arte della medaglia della zecca di stato. Nel 1986 cambia la ragione sociale da Virgilio Mortet ,ditta individuale, a Bottega Mortet Società di fatto con Virgilio titolare e legale rappresentante e Aurelio, Armando , Paolo a completare la squadra . Sempre negli anni Ottanta Dante ,figlio di Aurelio, inizia l’apprendistato in bottega nel 1984 a cui si aggiunge il fratello Andrea nel 1988. Si arriva al 1993 quando Virgilio giunto alla pensione lascia definitivamente la Bottega in Roma ,dedicandosi in seguito al suo studio di Oriolo Romano, dove realizza nel 1985 una fontana del Tritone che fu donata a Michail Gorbacev dall’allora Primo Ministro Andreotti.
Negli anni successivi la tradizione dei Mortet varca di nuovo i confini nazionali ed approda in sud America su invito dell’Istituto Latino Americano, numerosi sono i seminari sul cesello che la bottega di Roma dal 1996 svolge in Messico, Perù ed in Equador, un progetto culminato con la realizzazione della prima scuola permanente del sud America di cesello ed argenteria fondata nel 2004 in Potosì in Bolivia, dal 1998 lo studio di Oriolo svolge seminari didattici in oriente, Bangladesh, Singapore, Cina e Giappone su invito delle rispettive ambasciate Italiane. Nel 2003 viene commissionata a Virgilio l’esecuzione della statua di San Cataldo, patrono di Taranto, alta 225 cm interamente fusa in cera persa in argento del peso di 100 kg opera tecnicamente forse unica al mondo, con la direzione artistica di Virgilio autore del modello la “bottega” si ricompatta e viene realizzata l’opera nella parte in fusione e del cesello nello studio di Oriolo Romano, le componenti eseguite a sbalzo nello studio di Roma dal nipote Paolo.
Nel dicembre 2004 Virgilio viene invitato,accompagnato dal figlio Armando, dall’ambasciatore italiano in Spagna Amedeo de Marchis ,viene organizzata dall’istituto Culturale Italiano in Madrid sotto la direzione di Patrizio Scimia una mostra didattico/culturale dal titolo “Roma e le sue acque d’argento”, un tema caro ai Mortet, le fontane di Roma riprodotte in argento e bronzo, mostra destinata ad essere esportata anche in altri paesi europei. Nello stesso anno viene attribuito allo studio di Roma l’attestato di Bottega Storica per i cinquant’anni di attività da parte del comune di Roma, mentre nel 2011 viene attribuito allo studio di Oriolo,di Armando Mortet , la qualifica di Bottega artigiana d’eccellenza della Regione Lazio , e successivamente il riconoscimento di impresa operante nell’artigianato artistico tradizionale , ed il riconoscimento di Bottega OMA (osservatorio mestieri d’arte) della fondazione CR di Firenze, (con consegna dell’attestato in Via Dei Serragli proprio dove inizia questa storia)
Nel novembre 2006 viene commissionato a Virgilio il Premio Uomo della pace 2006 VII edizione dalla Associazione permanente dei Premi Nobel della Pace con sede in Roma
l’opera in bronzo, eseguita ogni anno da un’artista diverso è stata intitolata DAFNE e consegnata in Campidoglio a Peter Gabriel.
Inutile continuare con un’elenco di lavori con il rischio di annoiare il lettore, elenco che comunque continuerà in futuro ad arricchire il curriculum di questa famiglia, giunta alla quinta generazione nel campo dell’artigianato artistico creativo, l’importante è che prosegue la tradizione nelle botteghe, nonostante le grandi difficoltà attuali, l’appartenenza all’Humus artigiano,un modello valido che da sempre è risultato efficace. Infatti è proprio dalle antiche botteghe che nascono le basi di quel periodo storico, il Rinascimento, che ancor oggi a noi Italiani ci fa apprezzare nel mondo. Ringrazio chi passa un po di tempo per leggere questa breve storia con preghiera di lasciare un commento.
Armando Mortet